L'antica Felsina, di origine etrusca, raggiunse un vero assetto urbanistico organico a partire dalla fondazione della romana Bononia, tra il II e il I sec. a. C. La pianificazione urbanistica rispecchiava quella delle colonie tardo-repubblicane, organizzate secondo uno schema geometrico di strade incrociate ad angolo retto, modulo facilmente ripetibile per i futuri ampliamenti. La pianta della città, simile ad un quadrato irregolare, era divisa da due direttrici, che correvano da ovest a est lungo la via Emilia (via Rizzoli - via Ugo Bassi) e da nord a sud lungo il cardo maximus, identificabile con le attuali via Galliera - via Val d'Aposa. La zona compresa fra il cardo e l'asse formato da via Indipendenza - via D'Azeglio ebbe fin dalle origini una destinazione pubblica. Da quanto emerge dagli scavi, il foro cittadino era situato nel punto di incontro fra cardo e decumano, quindi nella parte di via Ugo Bassi compresa fra via Venezian e via Oleari. Gli scavi del 1989-90, effettuati davanti al Sacrario dei Caduti di piazza Nettuno, hanno rivelato l'esistenza di un edificio destinato a funzioni pubbliche, probabilmente sede di uffici amministrativi. Sempre in prossimità dell'attuale torrione nord-orientale, in posizione più interna, altri ruderi indicano la presenza di un secondo edificio monumentale, con ogni probabilità la basilica civile della città romana. La stratificazione emersa durante gli scavi degli anni Novanta ha permesso di datare al periodo villanoviano i primi insediamenti abitativi. Sopra questi, sono stati individuti altri strati risalenti al III e agli inizi del II sec. a. C., che rivelano la presenza di edifici di modesta fattura, traccia di un insediamento precoloniale. Più consistenti sono i resti del II sec. a. C., con tracce evidenti di un edificio suddiviso in più ambienti, con fondazioni in ciottoli di fiume. Alla stessa epoca risalgono i tre pozzi per il prelievo dell'acqua di falda, quasi allineati fra loro, realizzati con tecnica piuttosto arcaica, ed una struttura fognaria. Testo tratto dal sito della Salaborsa
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