10 luoghi dei Carracci a Bologna
Aggiornato il 23 giugno 2023 Da Bologna Welcome
Bologna è una città di riferimento per scoprire la pittura dei Carracci e i tanti capolavori che hanno lasciato in eredità alla città, rendendola protagonista di un capitolo decisivo della storia dell’arte italiana e internazionale.
I Carracci (il primo collettivo artistico della storia), Ludovico (1555-1619), Annibale (1560-1609) e Agostino (1557-1602), fondatori negli anni ‘80 del Cinquecento dell’Accademia degli Incamminati, letteralmente una scuola d’arte e di vita, hanno avuto il merito di riformare la pittura con un ritorno al dato “naturale” e, quindi, all’esercizio dello studio del vero e del disegno, dopo la fase ricercata, e intellettuale dell’epoca manierista.
Da dove partire per scoprire gli affreschi,
le tele e le maestose pale d’altare?
Nella zona universitaria della città, in via delle Belle Arti 56, si trova la Pinacoteca Nazionale di Bologna, che può vantare una nuova ultima acquisizione per quello che riguarda il patrimonio pittorico lasciatoci dai Carracci. L’opera in questione è la Sacra Famiglia con i Santi Giovannino, Orsola e Mattia di Ludovico Carracci. Un quadro da stanza, di altissima qualità, proveniente dalla collezione bolognese Bonfiglioli, destinato alla devozione privata che si aggiunge al gruppo di ventitré tele di Carracci, già conservate in Pinacoteca, la quale attualmente ospita il più alto numero di lavori caracceschi.
A Palazzo Fava, in via
Manzoni 2, è cominciata l’avventura artistica dei cugini, con un primo
lavoro su commissione di Filippo Fava, e il primo importante ciclo di affreschi
nelle tre sale del piano nobile Le Storie di Giasone e Medea e Le
Storie di Enea del 1584.
Le scene raccontano le storie degli Argonauti,
attraverso l'avventuroso viaggio dei 50 eroi che, a bordo della nave Argo,
arrivarono in terre ostili alla riconquista del vello d’oro. Uno dei più grandi
studiosi d’arte del Novecento, Roberto Longhi, definì il luogo come “inferiore
solo alla Cappella Sistina”. Tra i riquadri spicca anche l’episodio degli Incanti
notturni di Medea, con la maga nell'atto di purificarsi al ruscello sotto
i raggi della luna, definito il primo nudo moderno della storia dell’arte
dallo storico dell'arte Andrea Emiliani.
A Palazzo Sampieri Talon, in Strada Maggiore 24, i Carracci lavorarono per l’ultima volta insieme. Qui si trova il ciclo di affreschi Le Storie di Ercole del 1593-94. Il protagonista è il mito di Ercole a cui sono dedicate quattro scene sulle sei complessive. Ercole non è casuale, in quanto nel Cinquecento, venne ripreso più volte come simbolo di virtù che sconfigge il vizio. Le scene sono connotate da arditi scorci prospettici, affinché lo spazio del soffitto potesse sembrare ancora più ampio, e ricordano le Storie di Ulisse dell'artista manierista Pellegrino Tibaldi (1527–1596), dipinte a Palazzo Poggi circa quarant'anni prima alle quali i Carracci sicuramente avevano guardato.
A Palazzo Magnani, in Via Zamboni 20, si trova un altro dei cicli pittorici più interessanti del panorama bolognese a carattere storico-mitologico, quello del salone d’onore al piano nobile con Le Storie della fondazione di Roma (o Storie di Romolo e Remo) del 1588-91. Una commissione voluta da Lorenzo Magnani per celebrare la conquista del rango senatorio.
Nelle sale del piano nobile di Palazzo Pepoli Campogrande, in Via Castiglione 8, è attualmente esposta parte della Quadreria Zambeccari, l'antica collezione di dipinti che gli Zambeccari, un'importante famiglia senatoria bolognese, avevano raccolto nel corso del XVIII secolo, tra i quali opere della grande pittura emiliana come quelle di Ludovico Carracci. La Quadreria è entrata a far parte del patrimonio della Pinacoteca nel 1884.
La Chiesa dei Santi Gregorio e Siro, in Via Monte Grappa 15, conserva al suo interno due pale d'altare dei Carracci, il Battesimo di Cristo di Annibale Carracci del 1585, e San Michele Arcangelo e San Giorgio di Ludovico Carracci, del 1600-1601. Nel Battesimo di Cristo l'influenza di un artista come il Correggio è molto evidente nella parte superiore della pala, occupata da un coro di angeli musicanti, sostenuti da nuvole materiche, al centro del quale compare il Padre Eterno. Questa parte della composizione è influenzata dagli affreschi del Correggio realizzati per la cupola del Duomo di Parma.
Nella Cattedrale Metropolitana di San Pietro in Via Indipendenza 9, nel lunettone sotto la volta, si trova l'Annunciazione di Maria dipinta da Ludovico Carracci nell'ultimo anno della sua vita, il 1619.
La Chiesa di San Bartolomeo di Reno e Madonna della Pioggia, in Via Riva di Reno 124, conserva nella prima cappella a sinistra l'Adorazione dei pastori del 1595, attribuita ad Agostino Carracci, dipinto danneggiato da un incendio durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
La Chiesa di Santa Cristina della Fondazza, in Piazzetta Morandi 2, è una delle più belle chiese in città, e fa parte del Complesso di Santa Cristina "della Fondazza", fondato intorno alla metà del Duecento da un gruppo di monache camaldolesi. La Chiesa conserva l’Ascensione di Cristo del 1597 di Ludovico Carracci. Il complesso fu restaurato nel 2004 a opera dell’Università di Bologna, ed è oggi sede del Dipartimento delle Arti.
La Chiesa di Santa Maria Della Carità, in Via San Felice 64, al suo interno a navata unica presenta alcune importanti tele come la Crocifissione con i dolenti e i santi Bernardino da Siena, Francesco e Petronio, del 1583, opera giovanile di Annibale Carracci che si trova nella prima cappella a sinistra. Il dipinto, secondo lo storico bolognese Carlo Cesare Malvasia (in “Felsina Pittrice” del 1678) venne rimproverato per l'eccessivo realismo (per la figura del Cristo, i piedi callosi del San Francesco e una generale disarmonia compositiva) che, per la critica moderna, rappresentava invece un primo passo di rottura verso gli schemi tardomanieristi.
Il Chiostro dei Carracci parte del Complesso Monumentale di San Michele in Bosco, in Via Pupilli, 1 dove è situato l'Istituto Ortopedico Rizzoli, è chiamato così per i famosi affreschi, realizzati tra il 1605 e il 1606, da Ludovico Carracci, Guido Reni e altri esponenti dell’Accademia degli Incamminati. Purtroppo il ciclo del chiostro, benché dipinto su parete, non era stato steso ad affresco, ma attraverso una sperimentale applicazione della tecnica dell'olio su muro. La scelta si rivelò inadeguata alle caratteristiche climatiche del luogo, con rapida rovina delle pitture. Tuttavia, fortunatamente, il ciclo del chiostro San Michele in Bosco è descritto dalle fonti come uno dei grandi capolavori di Ludovico Carracci e della sua scuola, tra le glorie della pittura bolognese.